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GORGIA


LA FRATTURA TRA IL LINGUAGGIO E LE COSE
Con Gorgia il linguaggio non si identifica più, come aveva detto Parmenide,con l'essere, tra il linguaggio e le cose si pone un insanabile frattura.
Il sofista siciliano Gorgia sostiene che il discorso è tutto. Di qui l'elogio della parola come forza conquistatrice. Scrive Gorgia:
La parola e una potente signora, che pur dotata di un corpo piccolissimo e invisibile compie le opere più divine. 
Secondo questo sofista non esiste nulla di oggettivo, se anche le cose esistessero, non sarebbe possibile, per l'uomo, né pensarle, né conoscerle, né comprenderle. Se anche fossero conoscibili non potrebbero essere comunicabili agli altri, perché il mezzo di comunicazione è la parola, la quale non può mai identificarsi con la realtà.
L'essere non esiste perché la sua esistenza implicherebbe una serie di contraddizioni logiche,come dimostra il fatto che le opposte tesi dei filosofi naturalisti si annullano reciprocamente.
Se anche esistesse non potremmo conoscerlo, perché il pensiero non rispecchia la realtà, come sta a dimostrare il fatto che possiamo pensare cose inesistenti.
Se anche fosse conosciuto non potrebbe essere comunicato attraverso le parole, che hanno una natura diversa rispetto alle cose.
Egli, dunque, riconosce che è impossibile affermare una verità assoluta intorno all'essere, perché l'uomo non possiede strumenti conoscitivi ed espressivi adeguati. La credibilità delle affermazioni viene ancorata alla forza persuasiva delle parole e non più a una presunta verità riconoscibile e condivisibile da tutti. Il linguaggio è un gioco, che affascina e conquista, è una forza ammaliatrice che permette di dominare e influenzare i sentimenti degli uomini. 
Per Gorgia l'esistenza è irrazionale e misteriosa e gli uomini non sono liberi ne responsabili, ma soggiogati da forze ignote e incontrollabili. 


GLI SVILPUPPI DELLA SOFISTICA
 
L'ARTE DEI SINONIMI:

Con Gorgia la sofistica raggiunge i suoi esiti estremi, in quanto perviene a una visione nichilistica, che non solo nega la possibilità di conoscere la realtà in modo oggettivo e universale, ma non ammette neppure che ci possano essere conoscenze e discorsi utili e condivisi all'interno di una comunità di uomini.


Prodico di Ceo, oratore politico ed educatore ebbe un interesse particolare per l'etimologia delle parole.
Riteneva, infatti, che le parole avessero un origine convenzionale, cioè che nascessero da un accordo dei popoli sui nomi da attribuire alle cose, e che attraverso l'indagine della loro storia si potesse ricostruire la civiltà delle varie comunità umane. Egli sviluppò anche una sottile e raffinata arte dei sinonimi, con cui classificò le molteplici sfumature dei differenti vocaboli aventi il medesimo significato allo scopo di evidenziare l'esistenza di una connessione tra il nome e la cosa.

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